Home / News / L’emoticon: l’arte dell’abbreviare moderno
LVL Wedding

L’emoticon: l’arte dell’abbreviare moderno

wpid-Photo-20151027175145701Potrebbero essere gli antenati delle emoticon le forme di abbreviazioni che caratterizzano la corrispondenza professionale di oggi e di ieri dove a.c. sta per anno corrente, c.p.r. con preghiera di restituzione, p.c.c. (per coppia conforme) s.b.f., (salvo buon fine)… insomma per diversi versi, fin dai tempi non sospetti, quello della comunicazione è sempre stato un mondo a sé dove a parte qualche classica sigla usata nella quotidianità comune – tipo c/o (presso), (Gent.mo) gentilissimo, (Prof.) professore – le altre sono acronimi che appartengono ad alcune sfere lavorative. Le abbreviazioni sono poi subentrate nella “fraseologia giovanile”, principalmente con l’uso della messaggistica legata all’impiego dei cellulari.  Ecco che, con lo scopo di raggirare il piano tariffario risparmiando più di qualche SMS (messaggio), è nato l’uso dell’idioma: un linguaggio per il quale era indispensabile fare un corso approfondito per conoscerlo; tra le formule più semplici ricordiamo la K che equivaleva al CH e la X per il per o la doppia S. Le cose si complicavano, e di molto, quando il testo si faceva più lungo: ecco che le parole venivano letteralmente stroncate diventando incomprensibili o meglio leggibili conoscendone l’uso e il suo significato. Qualche esempio: per scrivere a presto si utilizzava ap; per un per bacio sulla guancia basugu, bn per bene, cvd per ci vediamo dopo, t tel + trd per ti telefono più tardi, vng dp per vengo dopo, xxx = tanti baci… Insomma erano i tempi dove ogni messaggio si pagava e non esistevano le tariffe a forfait o internet sui dispositivi mobili. Con l’arrivo dei prezziari all inclusive questo sistema di comunicazione è andato sparendo, grazie anche al subentro dei primi smiley rappresentati attraverso un insieme di segni primitivi o estremamente stilizzati (come nel caso dei caratteri testuali)  ad esempio :‑) 😎 :‑D :‑( :‑P :‑X ; non più parole, non più abbreviazioni, ma un insieme di segni che formano icone dai diversi sentimenti o significati. Le icone sono diventate emoticon e si sono evolute in emoji con l’arrivo di apparecchiature più tecnologiche. Attenzione però perché non sono la stessa cosa: l’emoticon è una rappresentazione tipografica sul display di un viso creato con la punteggiatura quindi è parte del testo stesso, le emoji, invece, sono immagini, trattate dai computer.
Nel corso della storia è difficile destinare la paternità delle emoticon: la prima in assoluto pare essere stata usata il 12 aprile 1979 da un certo Kevin MacKenzie in un’e-mail inviata agli iscritti a MsgGroup in cui suggeriva di introdurre qualche sentimento nei freddi testi dei messaggi; per esempio consigliava di utilizzare un trattino preceduto da una parentesi chiusa (cioè )-) per indicare una linguaccia ma la proposta fu bocciata. La seconda ricerca fonda l’appartenenza all’informatico statunitense Scott Fahlman che usò le emoticon del sorriso e della tristezza in un documento pubblicato il 19 settembre 1982. Le emoji, invece, sono state create alla fine del 1990 dalla NTT DoCoMo, società di comunicazione giapponese. Il nome, infatti, viene da “e” + “moji”, che si può tradurre con pittogramma. Quelle delle emoticon è senza ombra di dubbio un linguaggio internazionale che non ha bisogno di traduzioni:
rimane da chiedersi se nel prossimo futuro  diventerà la nuova frontiera della lingua esperanto. Non dimentichiamoci che lo scopo di quest’ultima era ed è far dialogare i diversi popoli cercando di creare tra di essi comprensione e pace con una seconda lingua semplice ma espressiva, appartenente all’umanità e non a un popolo. E se invece fosse un ritorno al passato con i geroglifici?  Del resto anche in questo caso stiamo parlando di  elementi ideografici, sillabici e segni  che compongono un  sistema di scrittura.
Chi vivrà, vedrà!

Condividi
Senza Fronzoli Torino