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Parks – Liberi e Uguali: occupazione lgbt, quando il lavoro si tinge di arcobaleno

“Parks – Liberi e Uguali è un’associazione senza scopo di lucro creata per aiutare le aziende socie a comprendere e realizzare al massimo le potenzialità di business legate allo sviluppo di strategie e buone pratiche rispettose della diversità”. La missione del gruppo è “lavorare avendo un focus preciso e prevalente sull’area del Diversity Management culturalmente più sfidante, in altre parole quella legata all’orientamento sessuale e all’identità di genere”. Non a caso Parks – Liberi e Uguali “crede che l’inclusione e il rispetto siano vincenti soltanto se coinvolgono davvero tutti”.
Non dimentichiamoci che vivere una doppia identità fondata sulle bugie o una vita nascosta, in qualsiasi lato si osservi, non porta mai nulla di buono; considerando, poi, che la maggior parte della vita un essere umano la trascorre lavorando, “la paura di essere scoperti e discriminati può avere su queste persone un impatto significativo sia sulla qualità delle prestazioni lavorative, sia sull’indisponibilità a condividere notizie e informazioni su di sé”. Peccato che quest’atteggiamento, non conoscendo il nocciolo della questione, spesso, può essere interpretato come un’incapacità di costruire rapporti e/o a lavorare in team.
Secondo le prudenti stime dell’Organizzazione mondiale della sanità, la percentuale di persone Lgbt nel mondo è pari al 5%, detto ciò dei ventitré milioni di persone che lavorano in Italia più di un milione è omosessuale, bisessuale o transessuale. Di questa fetta di forza lavoro non si conosce in sostanza nulla a causa dell’inespugnato stigma sociale che costringe questa percentuale di donne e di uomini a non palesarsi sui luoghi di lavoro.
Igor Suran, direttore esecutivo di Parks – Liberi e Uguali intervistato da HR Link dichiara: “Vedo un’evoluzione molto positiva evidenziata dalle rilevazioni che effettuiamo, non solo relativa alla quantità ma alla qualità delle azioni che le aziende mettono in campo per l’inclusione. Ci sono più risorse destinate alla pianificazione delle azioni inclusive. Siamo sulla buona strada – continua l’uomo – ma non siamo ancora in fondo alla parabola: prima di arrivare al momento in cui non se ne parlerà più, per la piena valorizzazione delle diversità, occorre che se ne parli ancora molto. La discriminazione c’è ancora, ed è un fatto di cui si occupano legali e associazioni preposte. Noi stiamo operando per il passaggio all’inclusione, valorizzando le realtà che creano situazioni e ambiente favorevoli”.
Parks – Liberi e Uguali è convinto, e non siamo pienamente d’accordo con loro, che “un’azienda che decide di lavorare su questi temi, investendo tempo e risorse, ha la grande opportunità di porsi davanti ai propri concorrenti sia in termini di reputazione sia di motivazione dei propri collaboratori. La sfida reale per i datori di lavoro deve però andare oltre il generico impegno a garantire pari opportunità e consiste nel creare un ambiente realmente capace di assicurare a tutti rispetto, accettazione e un’autentica possibilità di realizzare il proprio potenziale di crescita professionale al di là delle differenze.
Questo significa costruire un posto dove il successo di ciascuno si fonda esclusivamente sul proprio talento, la capacità e la qualità delle prestazioni lavorative e non ha nulla a che fare con caratteristiche personali quali il genere, le abilità, l’età, l’origine etnica, l’orientamento sessuale o l’identità di genere”. La battaglia che quest’associazione combatte, interfacciandosi con le piccole medie e grandi aziende, è molto importante perché mette in risalto un concetto fondamentale: parlare d’inclusione significa parlare del valore.
“Ogni azienda sa quali strumenti utilizzare per misurare il livello di raggiungimento dei propri obiettivi. Quando si parla, invece, degli obiettivi legati alle diversità e all’inclusione – soprattutto a quelle legate all’orientamento sessuale e identità di genere – molto spesso la mancanza degli strumenti adeguati porta al rallentamento dell’intero processo”. Proprio per questo motivo Parks – Liberi e Uguali ha ideato “LGBT Diversity Index”, l’unico benchmark italiano rivolto alle aziende e alle istituzioni che hanno deciso di creare valore anche attraverso ambienti di lavoro inclusivi e rispettosi per i colleghi LGBT. Ad oggi sono 53 le aziende socie di Parks che hanno accettato di impegnarsi – con le loro pratiche di gestione del personale – nella costruzione di una cultura d’inclusione globale che consideri al suo interno anche la più ostica delle tematiche per il contesto italiano, ossia l’inclusione delle persone LGBT; tra queste ci sono: Ikea, Johnson& Johnson, Tim, IBM, Costa Crociere, Barilla, Microsoft, Barclays, Google, Gucci, Coca Cola, P&G, Politecnico Milano, Sky, Teatro Elfo Puccini, AXA e molte altre.
Vi lasciamo con una curiosità che la dice lunga sulle intenzioni dell’associazione che fin dall’inizio ha avuto molto chiaro il suo scopo: Parks è un omaggio a Rosa Louise Parks, la donna afro-americana che il 1° dicembre del 1955, a Montgomery, in Alabama, si rifiutò di cedere il proprio posto ad un passeggero bianco, come le era stato ordinato dall’autista dell’autobus sul quale stava viaggiando. Quel piccolo ma grande gesto di affermazione, che in tutta la sua semplicità nasconde una forza esorbitante, fu la scossa che diede origine ad un percorso basato sui pari diritti e uguaglianza.

Parks - Liberi e Uguali: occupazione lgbt, quando il lavoro si tinge di arcobaleno

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