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CARCERE REGINA COELI DETENUTI AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA RECLUSIONE ARRESTO POLIZIA PENITENZIARIA CARCERATI CELLA - REGINA COELI - fotografo: IMAGOECONOMICA

“I ragazzi mi sembravano strani”

Torturati, seviziati, maltrattati, incarcerati… la triste e vergognosa storia di sei studenti tunisini

Tunisia-Shams-gay-rights-group-Facebook-640x480Paolo Hutter, un giornalista di Repubblica, ha raccolto la testimonianza di uno studente rinchiuso, maltrattato e torturato in carcere, insieme ad una comitiva di amici, perché sospettato di essere gay. Il gruppo, composto da sei allievi fuori sede della Casa dello studente a Kairouan, si riuniva una volta a settimana, in modo amichevole: cena e chiacchiere tra compagni, niente sesso, niente alcol… “Volevamo solo scambiare qualche parola insieme” ammette il ventenne che per salvaguardare la sua privacy ha preferito usare lo pseudonimo di Jihed. Ciò è bastato al guardiano del campus per denunciare alla polizia questi incontri perché, a suo avviso, i ragazzi “gli sembravamo strani”.
Durante l'assalto delle Forze dell'Ordine nella stanza non è stato trovato nulla di anormale, ma sul computer di uno dei presenti sono stati scovati filmati omosex. Apriti cielo, in un battito di ciglia i malcapitati si sono ritrovati dietro le sbarre del commissariato. Solo dopo essere stati maltrattati e picchiati i giovani sono stati portati da un medico che, dopo averli “visitati”, ha detto agli agenti che erano omosessuali. Incredibile, ma, purtroppo, vero. Chiusi in carcere per ben un mese e mezzo il gruppo ha subito il peggior dei trattamenti: “Ci hanno insultato, malmenato, minacciato di morte, martoriato… abbiamo subito qualsiasi genere di abuso e intimidazione a qualsiasi ora del giorno e della notte – ammette l'intervistato – ci hanno fatto dormire per terra senza materassi né coperte… inoltre i secondini hanno aizzato anche gli altri detenuti che, oltre a diversi tipi di violenza, ci rubavano i vestiti e il cibo”. Oggi l'avvocata Braham è riuscita a farli scarcerare su cauzione nell'attesa del processo, ma nulla potrà cancellare quei giorni di tremenda prigionia. L'unico pensiero di questi giovani è quello di abbandonare il loro Paese che, come tristemente dichiara Jihed: “Quando riesco ad accantonare i pensieri suicidi sogno di lasciare la mia patria, voglio scaldarmi il latte e cioccolato e guardare i film, voglio essere libero e sorridere sempre ma non ci riesco, sto piangendo tutto il tempo… La Tunisia mi ha gettato in prigione a causa del mio orientamento sessuale. Mi ha calpestato, privato dei miei studi, accolto con calci, insulti, torture, intimidazioni e vergogna. Mi ha permesso di crescere due volte. Mi ha mostrato il suo secondo volto. Ero cieco? Da piccoli c'insegnavano che il mondo era bello”.

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