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È orgoglio! Perché partecipare al Pride?

03Da fine maggio ai primi di settembre, l’Italia è nettamente travolta dall’onda Pride. Da nord a sud, senza trascurare le isole, il nostro Paese si tinge di mille colori e in ogni parata si respira quell’inconfondibile e contagiosa allegria che trasuda il desiderio di vivere apertamente il diritto di essere se stessi. Gli appuntamenti sparsi nella nostra penisola sono davvero molti e a primo sguardo sono tutti caratterizzati da musica, costumi variopinti, eccentricità di vario tipo, bandiere arcobaleno… ma dietro c’è molto di più. Se per tanti questi cortei sono motivo di orgoglio, altri li definiscono come una carnevalata. Dal profondo ci viene da dire che le persone che la pensano in questo modo ragionano come quelle che non sanno andare oltre le apparenze. Cerchiamo di spiegarci meglio. Proprio come una coppia dello stesso sesso è additata non per quello che realmente rappresenta – l’amore – ma per ciò che appare, due uomini o due donne, così chi vede nel Pride solo un corteo d’insensati eccessi non si rende conto che dietro a ciò ci sono delle ragioni ben profonde, radicate nel tempo, ma costantemente nutrite dal preconcetto. Oltre le apparenze c’è più di una fisima: c’è un universo da scoprire che va ben oltre l’etichettare e il puntare il dito contro ciò che non si conosce a fondo e per questo si considera diverso. Poi, a proposito di esagerazioni, il Pride nasce per essere visibile: per troppi anni la comunità Lgbt si è nascosta e ha subito qualsiasi tipo di affronto e di denigrazione. Ecco che l’eccessività, da una parte, è la risposta agli anni trascorsi a “mascherare”, ad esempio, il proprio essere con colori e abiti considerati più appropriati ad un genere piuttosto che ad un altro (così da non alimentare supposizioni che in quegli anni, ma ancora oggi, fanno rima, nel migliore dei casi con esclusione); dall’altra, invece, ha come scopo il richiamare l’interesse dei media e di conseguenza dell’opinione pubblica. Ecco che i colori, gli sfarzi e gli spettacoli sono i mezzi con i quali attrarre l’attenzione su una piaga sociale non indifferente (a differenza di tante altre manifestazioni dove si usa la violenza per richiamare interesse). Partecipare al Pride non significa appartenere alla comunità Lgbt, bensì credere nei pari diritti e nelle pari opportunità.
01Proprio per questo motivo l’importante è esserci e metterci la faccia e poco importa se si è gay, eterosessuali, transessuali, bisessuali o si partecipa con un boa di piume di struzzo rosa al collo, in giacca e cravatta o vestiti da unicorno, perché tanto chi non è capace di andare oltre a ciò che vede è destinato ad avere una visione dell’essere umano, del mondo e della vita piatto e senza sfumature. Il Pride è uno scacco all’omologazione, alla violenza fisica e verbale, all’ignoranza intesa come non conoscenza dove la volontà e il desiderio di metterci la faccia spinge centinaia di persona a non avere più paura e altrettante a credere in una visione del mondo dove la parola tolleranza è scalzata dal termine inclusione.
È bene anche sottolineare che il Pride non è una manifestazione pacifica che punta esclusivamente al riconoscimento dei diritti legislativi, ma è anche una sfilata che mira al diritto e alla libertà sociale e culturale;
già, perché, come ben sappiamo, non basta una legge per cambiare le cose e i cervelli, ma è necessario che le donne e gli uomini che compongono questa società comprendano che amare una persona del proprio sesso non è qualcosa di abnorme o di perverso, ma è semplicemente una caratteristica della persona. È con la conoscenza che si abbatte l’ingombrante spettro dell’omofobia: portatrice – come qualsiasi tipo di discriminazione, di violenza, di odio e di morte. Sì di morte, non scordiamocelo. 02
A tal proposito non bisogna dimenticarsi che sono Ben 72 i Paesi – secondo una ricerca internazionale dell’ILGA- dove l’omosessualità è considerata un reato e sono tantissime le persone che quotidianamente devono nascondersi per salvaguardare la propria incolumità. Si sfila anche per loro. Allo stesso modo il Pride è una voce che sussurra agli adolescenti Lgbt ancora chiusi nel loro guscio e che, sopraffatti dal timore di essere esclusi e non capiti, interiorizzano angosce e paure più grandi di loro che spesso nemmeno il tempo riesce a guarire o, nel peggiore dei casi, sopraffanno le loro ancora fragili esistenze spingendoli a gesti estremi.
Ecco perché durante il Pride – ma ciò vale anche nella vita di tutti i giorni con il coming out – non si “scende in piazza” solo per se stessi, ma per il bene della collettività. Una grande vittoria sarebbe vedere partecipare a questi cortei molte più coppie etero, perché la chiave di svota è, anche, in loro.

Salvatore Paglia

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