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Il futuro è X?

Da New York arriva la normativa destinata a stravolgere il concetto d'identità di genere, ma siamo certi che ciò contribuirà alla causa lgbt?

Con 41 voti a favore e 6 contrari i 48 membri del City Council (consiglio comunale cittadino) hanno deliberato la normativa che permette ai newyorkesi di cambiare il proprio genere sessuale sul certificato di nascita e sui documenti d’identità senza dover passare da un iter medico. La nuova legge, che entrerà in vigore dal gennaio 2019, permetterà di porre una X sulla casella inerente al sesso dell’individuo in totale autonomia. Con questa scelta la persona deciderà di non identificarsi come uomo o donna, bensì con un terzo genere sessuale: il “Gender X”. Tale possibilità, ad esempio, potrà essere esercitata sia dai novelli genitori – che al momento della nascita del figlio potranno decidere di non avvalersi della divisione binaria (maschio/ femmina) legata alla categoria sessuale del nascituro – sia a tutti gli adulti che ne faranno richiesta. Prima di avventurarci nelle nostre personali considerazioni, scopriamo nello specifico a chi si rivolge questa proposta e quali nuovi scenari, inevitabilmente, aprirà.
Transgender: persone per cui sesso biologico e aspetto effettivo non corrispondono. È piuttosto noto che tali soggetti durante il loro percorso di riassegnazione di genere incontrano difficoltà, anche, con una serie di questioni burocratiche che richiedono l’identificazione sessuale. Proprio per questa ragione, con riferimento alle politiche dell’amministrazione Trump non proprio magnanime con la comunità Lgbt, lo schieramento trans ha accolto questa riforma a braccia aperte definendola una “Decisione storica in tempi di pericolo e d’incertezza sul fronte dei diritti dei transgender americani a livello nazionale”.

Neonati intersessuali: nascono con caratteristiche sessuali (cromosomi, genitali, o struttura ormonale) che non appartengono strettamente alle categorie maschio o femmina o che appartengono ad entrambe. Una precisione è d’obbligo: gli intersessuali non vanno assolutamente confusi con le persone transgender. L’intersessualità non è un orientamento sessuale. Le persone intersessuali possono essere eterosessuali, omosessuali, bisessuali… L’intersessualità non è un’identità di genere. Le persone intersessuali, come tutti, possono essere cis-gender (a proprio agio con il genere a loro assegnato alla nascita) o transgender (avere un’identità di genere diversa da quella assegnata alla nascita). Questi infanti, circa 30milioni di bambini nel mondo (tra 0,5% e l’1,7%), agli occhi della legge non esistono. Purtroppo ancora oggi la mancanza di conoscenza crea e alimenta pregiudizi e prassi mediche superate e pericolose. A riguardo ci siamo informati e abbiamo scoperto che OII-Italia e Associazione Radicale Certi Diritti, con il sostegno di ILGA-Europe e Astraea Lesbian Foundation For Justice, hanno dato vita ad un portale informativo, iosonointersex.it., in grado di dare un supporto, informazioni utili e risposte per conoscere e orientarsi sull’argomento. Visitando il sito citiamo quanto segue, siamo venuti a conoscenza che: nell’atto di nascita sono indicati (…) il sesso del bambino e il nome che gli viene dato ai sensi dell’articolo 35 il cui 1° comma impone “Il nome imposto al bambino deve corrispondere al sesso”. Per rispondere a quest’obbligo di legge, i medici potrebbero suggerire/offrire ai genitori cure o interventi immediati, atti a modificare l’aspetto dei genitali esterni del bambino perché non sono considerati sufficientemente simili ai genitali considerati “normali”. Alcuni trattamenti medici sono necessari per il mantenimento della salute del bambino, ma la maggior parte di questi non si basa purtroppo su esigenze mediche, piuttosto su fattori sociali e cosmetici. Si tratta di trattamenti facoltativi, che il bambino ha il diritto di scegliere da solo quando sarà abbastanza grande da prendere quella decisione, anche perché purtroppo, le conseguenze di questi interventi possono essere disastrose, con ripercussioni fisiche e psicologiche con le quali la persona dovrà convivere per tutta la vita. Nascere e crescere intersex è sicuramente una condizione più delicata di altre, ma con l’aiuto e la consapevolezza di tutti, genitori, medici e istituzioni è possibile crescere e vivere sani e sereni (per saperne di più consultate anche il sito www.intersexesiste.com).
“Genitori liberali”, abbiamo definito così scherzosamente tutti quei neo-genitori che desiderano assicurare al proprio erede l’opportunità di prendere autonomamente coscienza della propria identità sessuale una volta diventato maturo.

Non dimentichiamoci dell’identità di genere, ossia, l’insieme di comportamenti atti a definire una persona appartenente al genere donna o uomo, in relazione anche al luogo, al periodo storico e alla percezione che ognuno ha di sé. Già, perché se fin da ora sono molte le persone che si definiscono, ad esempio, “gender fluid” (genere fluido), “agender” (asessuato), “genderqueer” (indeciso) e “gender non conforming” (non conforme alle classificazioni tradizionali del genere)… chissà quante altre distinzioni spunteranno fuori da qui a 20 anni!

Arrivati a questo punto la domanda nasce spontanea: ma abbiamo realmente così tanto bisogno di essere “etichettati”? Non siamo mica dei prodotti da banco! Di questo passo la nostra carta d’identità potrebbe essere simile alle informazioni sugli ingredienti posta su una comunissima confezione di brioche. Ecco che sotto i connotati e contrassegni salienti del documento, oltre alle classiche voci, potrebbero comparire queste: Marco Rossi, 50% uomo (organi sessuali di media dimensioni, peluria nella norma, muscolatura mascolina…), 30% etero (attrazione verso il sesso opposto), 10% Lgbt (tollerante verso alcune categorie), 8% donna (spesso si dimentica quanto realmente vale), 2% travestito (durante le feste di carnevale sfoggia tacchi vertiginosi… resta un mistero sul come riesca a camminare su un tacco 12 così bene). Scherzi a parte ci domandiamo: a chi gioverà questa nuova classificazione? Proviamo, parlandone e cercando di non scatenare alcuna inutile polemica e nel rispetto di tutte le persone, a confrontarci sull’argomento. Pensiamo ad esempio alle persone che stanno compiendo il percorso legato al cambiamento di sesso. Ovviamente una volta concluso il “loro viaggio” questi uomini e queste donne desidereranno cambiare il loro stato di nascita con quello di appartenenza e non di certo con una X. Agli intersessuali? Questi ultimi da qualche tempo stanno uscendo allo scoperto rivendicando il loro status. Alle altre “divisioni “agender” (assessuali), “queer (queer = questioning che, sostanzialmente, significa domandarsi. In questo caso, domandarsi di che tipo di sessualità sia una persona e lasciare la sua identità in sospeso)”… che per pace dei sensi sì uniranno in un’unica suddivisione X?  Pensiamo proprio di no, visto che anche loro stanno chiedendo d’includere ogni tipo di sessualità nell’acronimo Lgbt (Lgbtqia), richiesta che però non mette d’accordo tutti i rami del movimento (in merito affronteremo la questione in uno dei prossimi appuntamenti).  
Allora a chi? La nostra “paura” è che tra qualche mese sui social circoleranno fotografie che immortaleranno persone con il fatidico documento ben in vista, ovviamente con il solo scopo di aggiudicarsi il numero maggiore di like. Peccato, a nostro avviso, che la questione e il succo del discorso siano di “altro genere”. Per noi il concetto è sempre uno ed è lo stesso da anni: a prescindere da con chi fai o non fai l’amore rimani sempre un uomo o una donna e le diverse sfumature che ti caratterizzano fanno di te una meravigliosa e unica persona.
Il mettere nero su bianco la nascita del genere X è una classificazione che se da una parte potrebbe sembrare una vittoria, dall’altra è una sconfitta poiché non fa altro che aumentare il divario tra esseri umani già ampiamenti suddivisi in serie “A”, “B” “C”… (etero, gay, bisex…).
Il genere X è di per sé una dichiarazione di non “conformità” che a nostro avviso altro non fa che porre l’accento  su una “diversità”.

Salvatore Paglia

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