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La lipodistrofia

La lipodistrofia è un effetto collaterale a lungo termine dei farmaci antiretrovirali, la cui associazione è in grado di inibire significativamente la replicazione del virus dell’HIV

lipodistrofia (2)

Il quadro è caratterizzato da una drastica perdita del tessuto adiposo a livello del corpo e del volto che, nel corso degli anni, crea forti disagi psicologici e sociali nei pazienti. Le attuali terapie antiretrovirali, infatti, se da un lato hanno prolungato le aspettative di vita cronicizzando l’infezione, dall’altro implicano pesanti conseguenze che ne abbassano sensibilmente la qualità. Il termine lipodistrofia significa alterazione della normale crescita (distrofia) del tessuto adiposo (lipo) e, a seconda delle zone corporee e del sesso, può manifestarsi in senso atrofico, ipertrofico o misto. Quando alle alterazioni adipose si aggiungono anomalie del metabolismo lipidico e glucidico si preferisce parlare di sindrome lipodistrofica, caratterizzata dalla riduzione del tessuto adiposo periferico degli arti, del volto e dei glutei e/o dall’accumulo di grasso a livello addominale e dorso-cervicale, talora accompagnate da alterazioni metaboliche. Possiamo quindi distinguere delle alterazioni morfologiche (redistribuzione anomala del tessuto adiposo) e delle alterazioni del metabolismo (iperlipemia e insulinoresistenza) che non sempre sono associate. Oggi sappiamo che la causa della lipodistrofia è multifattoriale in quanto può essere considerata il risultato di fattori di rischio e fattori protettivi. Tra i primi, un peso determinante è rappresentato dai farmaci: gli inibitori delle proteasi da soli, o in associazione con gli inibitori nucleosidici e non nucleosidici della transcriptasi inversa.
Va tuttavia sottolineato che il virus HIV è di per sé considerato un fattore di rischio indipendentemente dalla terapia antiretrovirale. Pertanto la lipodistrofia può essere considerata, non solo una manifestazione clinica composita dell’infezione da HIV, che dunque si configura come un denominatore comune delle alterazioni morfologiche e metaboliche, ma anche come una condizione morbosa da prevenire e trattare. È evidente come tali alterazioni impattano negativamente sulla percezione della propria immagine, con il rischio di una minore aderenza alla terapia antiretrovirale a cui si aggiunge uno stress psicologico e un peggioramento della qualità della vita inter relazionale. Tra le maggiori alterazioni lipodistrofiche la più tipica è la lipoatrofia del volto nelle zone dove i depositi adiposi sono più abbondanti: guance, tempie e zone peri orbitarie. Clinicamente si distinguono tre gradi di lipoatrofia: lieve, moderata, severa. L’impatto psicologico che crea al paziente una lipoatrofia del volto è da una parte l’erronea convinzione di un peggioramento dell’infezione e dall’altra il timore di indurre, in chi li osserva, il sospetto della malattia. Per migliorare la condizione psicofisica dei pazienti sieropositivi sia la medicina che la chirurgia estetica sono in grado oggi di fornire delle soluzioni all’avanguardia.
La tecnica del “lipofilling”, consistente nel prelievo del grasso da zone donatrici quali addome fianchi e arti inferiori e nel successivo impianto a livello di zone lipoatrofiche. L’assenza di aree adipose donatrici, hanno però indotto la comunità scientifica a elaborare soluzioni alternative non chirurgiche. Sulla lipoatrofia del volto si può intervenire ambulatorialmente con materiali di riempimento. Esistono diversi tipi di filler riassorbibili, come l’acido ialuronico, che ha una permanenza massima di un anno e l’idrossiapatite, che ha una permanenza massima di due anni. Entrambi vengono iniettati nel derma profondo e per continuità si depositano nell’interfaccia derma-tessuto adiposo. ripristinando i volumi persi. L’idrossiapatite oltre ad un immediato effetto volumetrico produce una neocollagenogenesi che, ispessendo il derma, determina nelle settimane successive all’impianto un riempimento del tessuto adiposo atrofico.  In generale, una seduta è sufficiente a ripristinare una situazione di lipoatrofia di grado lieve o moderato, mentre nei casi severi sono necessarie due o tre sedute. Le applicazioni vengono effettuate in anestesia locale nei casi più lievi e in sedazione per quelli più complessi.
Per quanto riguarda la lipoatrofia del corpo, i pazienti affetti da HIV hanno come effetto collaterale una sostanziale perdita di tessuto adiposo che genera uno svuotamento dei glutei, delle cosce e dei polpacci. Nella lipoipertrofia al contrario si assiste ad un aumento cospicuo del grasso a livello intra o extraperitoneale, a livello cervicale Antero-posteriore (gobba di bufalo) e a livello della regione lombo-dorsale dove si osserva spesso una evidente deformità del profilo. Nel caso in cui si presentino abbondanti depositi adiposi nell’addome, sul dorso e sui fianchi, si può effettuare un ripristino dei volumi adiposi persi nell’interno coscia, nei polpacci e nei glutei con la tecnica del body contouring tramite una liposuzione delle zone donatrici con un successivo innesto a livello delle zone lipoatrofiche (lipofilling) o tramite l’impianto di protesi in assenza o scarsa presenza di tessuto adiposo. È necessario sottolineare che l’indicazione deve tener conto, ai fini dell’attecchimento del grasso reimpiantato, di un fattore: che nella terapia del paziente non siano più presenti farmaci antiretrovirali responsabili del quadro lipodistrofico. Se così non fosse, o non potendo disporre di grasso autologo, la nuova tendenza è quella di impiantare, delle protesi al silicone che, come per il seno, garantiscono un soddisfacente ripristino delle aree lipoatrofiche in maniera permanente.

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